Roma del mio cuore

Mancini, il doppio ex «Ho tenuto una casa qui, appena posso ci vengo, non ...


Segnare un gol di tacco ti consacra alla storia di qualsiasi club, se poi quel gol lo fai in un derby e sotto la Curva Sud, entri direttamente nella leggenda. Alessandro Faiolhe Amantino Mancini per tutti «Amantino» o semplicemente Mansini, pronunciato così, per differenziarlo dall’allora allenatore laziale. Oggi è un dirigente dell’Aymores, club brasiliano con sede nella città di Ubà, ma quei dribbling e quei gol in giallorosso non li ha dimenticati.

Roma-Inter è un po' la sua partita: se chiude gli occhi qual è il momento più bello vissuto con queste due maglie?

«Con la Roma ho vissuto momenti bellissimi, dai trofei, come la Coppa Italia e la Supercoppa, ma anche i derby vinti. Abbiamo giocato sempre un calcio di altissimo livello. Nell’Inter ho avuto la fortuna di avere un grande tecnico come Mourinho anche se la mia esperienza in nerazzurro non è durata così a lungo come quella nella capitale».

Per la Roma è un momento delicato. Che idea si è fatto rispetto all’esonero di De Rossi? 

«Non è facile  giudicare dall’esterno una scelta così difficile. Io penso che avrebbe meritato di avere più tempo a disposizione e solo allora si sarebbero potuti valutare con calma  i risultati conseguiti. Daniele aveva dimostrato tanto, soprattutto nella scorsa stagione quando era subentrato a Mourinho.»

Come è possibile licenziare un allenatore alla quarta giornata e dopo avergli fatto sottoscrivere un triennale pochi mesi prima?

«Le scelte societarie sono sempre legate ai risultati, sinceramente non so da cosa altro possa essere dipeso. 

La squadra però aveva giocato bene anche contro la Juventus. Forse negli ultimi tempi era venuta meno la fiducia».

Cosa ne pensa di Juric e di come stia provando a risistemare la situazione?

«Juric ha preso da poco tempo in mano la squadra ed è quindi presto per giudicare il suo lavoro. Sono convinto però che i calciatori seguiranno le sue idee e cercheranno di tirarsi fuori da una classifica che ancora non rispecchia il valore tecnico della rosa».

Si può sperare di raggiungere la Champions League?

«Prima di tutto c’è bisogno di ritrovare la fiducia in se stessi dopodiché si può pensare di lottare per un obiettivo che è alla portata ma allo stesso tempo difficile da conseguire soprattutto quest’anno».

Lei era un giocatore che saltava l’uomo, una categoria ormai praticamente in estinzione. Ormai questi tipi di calciatori sono rarissimi.

«Purtroppo è così. Il problema è che ormai si lascia poco spazio alla fantasia con la conseguenza che in campo si presti più attenzione a seguire determinati schemi o ad interpretare dei sistemi di gioco a discapito delle individualità che finiscono così per essere imbrigliate e non espresse completamente da chi invece potrebbe farlo».

Capello e Mourinho sono stati due suoi allenatori, oltre ad essere tra i pochi ad aver vinto qualcosa da queste parti. A Roma per portare a casa un titolo è necessario avere una personalità come queste in panchina?

«Parliamo di un posto dove l’ambiente è molto particolare con una passione immensa. Ti ritrovi a vivere una quotidianità dove hai questa tifoseria che dimostra il proprio amore in una maniera unica e ti fa sentire importante, sempre. Ecco che un tecnico che ha  quell’ esperienza di vittorie alle spalle, con grande carisma, ha maggior facilità a comprendere meglio alcune dinamiche oltre a capire l’esigenza di una piazza che vorrebbe sempre lottare per i primi posti della classifica».

Uno dei suoi mentori è stato anche Spalletti. Che cosa ne pensa della sua Italia?

«Sta allenando una squadra giovane che aveva bisogno di capire bene i metodi e le idee di Luciano che sono molto diversi da quelle di Roberto Mancini. Le ultime gare degli azzurri hanno dimostrato che è stato bravo a scegliere il gruppo di calciatori su cui puntare e lavorare visto che adesso i risultati stanno arrivando».

Ma è vero che quando nell’ultimo giorno di mercato stava per essere ceduto al Lione, Spalletti si presentò a Trigoria arrabbiatissimo tanto da arrivare a ribaltare le scrivanie?

«No, di certi dettagli non sono a conoscenza. Posso dire però che Capello mi voleva portare alla Juventus a tutti i costi ma io ho declinato perché mi trovavo benissimo alla Roma e ho preferito rimanere dov’ero».

[...]

Articolo completo su Il Romanista