Gli attaccanti nel calcio moderno

Eccoci al quinto ed ultimo degli appuntamenti incentrati sul calcio moderno e sulle relative ...


Ciao amici! Eccoci al quinto ed ultimo degli appuntamenti incentrati sul calcio moderno e sulle relative metodologie di allenamento. Oggi ci occupiamo degli attaccanti con un occhio di riguardo all'aspetto tattico e quello mentale.

 

Gli attaccanti nel calcio moderno

“Non esistono più gli attaccanti di un tempo”, quante volte avremo sentito dire una frase del genere? E in effetti è proprio così, ma tale concetto non va inteso ovviamente nell’accezione che gli attaccanti moderni sono scarsi. Piuttosto il ruolo dell’attaccante ha subito un’intensa evoluzione figlia del fatto che oggigiorno tutti gli allenatori (o quasi) vogliono un’azione palleggiata partendo dalle retrovie: la cosiddetta “costruzione dal basso”. Bene, l’attaccante moderno rappresenta un elemento cardine in questa filosofia di gioco, sia in fase offensiva sia quando bisogna difendere.

 

Cosa viene chiesto all’attaccante moderno?

All’attaccante vengono date diverse indicazioni. Tre su tutte: muoversi senza la palla per creare spazi; sviluppare il gioco in ampiezza; difendere in fase di non possesso. Ciò contestualmente significa che il prototipo dell’attaccante moderno deve possedere precise caratteristiche. In primis deve essere dotato tecnicamente e preparato tatticamente. In secondo luogo – e ritengo questo fattore fondamentale – deve presentare un giusto mix di fisicità e mobilità. Infine, deve essere intelligente e forte sotto l’aspetto mentale.

Conoscete Mbappè ed Haaland? Penso proprio di sì. Ecco, per me rispecchiano l’identikit dell'attaccante moderno ideale.

 

Costruire l’attaccante moderno

Come per ogni altro ruolo di cui abbiamo parlato, anche per gli attaccanti vale il principio per il quale la cura dei dettagli è la base delle metodologie moderne di allenamento. Dico questo pensando al percorso di formazione delle giovani leve, ma anche al processo di affinamento dei calciatori già affermati. In Serie A, ad esempio, abbiamo visto come Osimhen è cresciuto esponenzialmente durante l’ultimo anno, sia a livello tecnico che tattico.

 

L'aspetto tattico

Dato che i discorsi sulla tecnica e sulla parte atletica li abbiamo già affrontati nelle scorse analisi, mi concentrerei sulla tattica. Come è possibile sviluppare le capacità tattiche di un attaccante? Ci sono esercitazioni mirate di diverso genere, tutte però hanno un comun denominatore: la ripetitività. Tradotto, la ricetta sta nella riproposizione di situazioni che automatizzano la mente e l’atteggiamento in campo del calciatore affinché giunga alla perfetta armonia con il resto della squadra. In tal senso, è necessario che l'attaccante assuma la consapevolezza di essere un tassello chiave nello spartito ideato dall’allenatore. Semplicemente non può "assentarsi".

Si pensi al Napoli di Spalletti e al lavoro degli attaccanti in fase di possesso e non. L'exploit azzurro è il frutto di un'esercitazione maniacale su schemi proposti e riproposti, fino ad essere assimilati alla perfezione. Detto questo, mi soffermerei anche sull’aspetto mentale.

 

L’aspetto mentale

L’aspetto mentale è secondo me molto rilevante quando si parla dell’attaccante. Perché nel calcio di oggi rappresenta il giocatore più decisivo e ricercato, nonché il più pagato e quindi con le maggiori responsabilità. Quando le cose vanno bene, l’attaccante è l’idolo dei tifosi e il trascinatore dei compagni. Quando gli si spegne la luce ed entra in un periodo di flessione finisce per diventare il capro espiatorio di tutti i problemi della squadra. In tale contesto, che più o meno si ripropone in ogni ambiente, va da sé che l’attaccante deve essere ben forgiato psicologicamente. C’è chi è forte di natura, e chi invece ha bisogno di essere supportato.

Ma l’aspetto mentale per l’attaccante è importante anche per altri motivi. Per quanto la manovra di una squadra sia diventata corale, infatti, può capitare che l’attaccante non sia coinvolto nel gioco per lunghi tratti della gara. In questi casi deve avere una grande forza mentale per rimanere presente in una partita dove magari può arrivargli un solo pallone da trasformare in gol.

Inoltre, l’attaccante è chiamato a: saper controllare l’egoismo nell'interesse della squadra; mantenere una certa lucidità sotto porta; essere cinico ed approfittare delle debolezze degli avversari; gestire le emozioni qualora venisse provocato o preso di mia dalla difesa avversaria (e capita molto frequentemente).

Per tutto ciò esistono le parole dell’allenatore (o di altre figure di campo), ma soprattutto del mental coach, risorsa sempre più presente negli staff dei club di calcio. L'allenamento mentale ormai non può più essere sottovalutato.

In definitiva, amici, il messaggio è questo: nel momento in cui l’attaccante riesce a raggiungere un equilibrio tecnico-tattico-mentale le sue prestazioni saranno destinate a migliorare costantemente. E voi, cosa ne pensate?

Amantino Mancini